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DiGiovanna Di Mauro

Terre e rocce da scavo: la responsabilita’ del chimico

L’uscita del decreto ministeriale in materia di terra e rocceda scavo ha destato l’interesse da parte di tutti gli operatori del settore e, di conseguenza, anche dei chimici.
Il Consiglio nazionale dei chimici, esprimendo apprezzamento verso tale decreto e verso la direzione che vuole promuovere, sottolinea gli aspetti positivi: primo tra tutti aver dato certezza a molteplici aspetti precedentemente lasciati alle interpretazioni dei soggetti preposti al controllo.
Partendo dalle questioni sollevate da un iscritto, il Consiglio ha predisposto un’analisi del decreto, in particolare nell’ambito dicompetenza stretta dei chimici, rispondendo alla domanda“Come devono comportarsi i chimici per i cantieri di piccole dimensioni con scavi inferiori ai 6.000 mc. in corso di attività al 6 ottobre 2012?”.
Scarica il documento del Consiglio dei chimici
fonte http://www.chimici.info/Terre-e-rocce-da-scavo-la-responsabilita-del-chimico_community_news_x_2413.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter_chimici_46_20_12_2012

DiGiovanna Di Mauro

Il paradosso dello Xenon scomparso verso la soluzione

Nuovi tasselli si aggiungono alla possibile soluzione del paradosso dello “Xenon (Xe) mancante”, ovvero l’ancora irrisolto problema dell’assenza di una cospicua quantità di questo elemento dall’atmosfera terrestre, presente in natura in forma di gas nobile. Un “giallo” che ha stimolato l’attenzione di studiosi di diverse discipline negli ultimi decenni e che giunge a un punto di svolta grazie allo studio di un team internazionale, guidato da Artem Oganov della Stony Brook University e che include l’italiano Carlo Gatti, ricercatore presso l’Istituto di scienze e tecnologie molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Istm-Cnr).
Nel nuovo studio, pubblicato su ‘Nature Chemistry’, si ipotizza che il gas Xe sia ‘imprigionato’ nelle viscere della Terra. “La scoperta rappresenta un possibile punto di svolta nella spiegazione di questo paradosso scientifico e apre nuove prospettive rispetto al comportamento chimico dello Xenon e alla sua reattività”, spiega Gatti. “Il lavoro pubblicato infatti dimostra che tale gas, pressoché inerte in condizioni ambientali, è in grado di creare legami chimici, costituendo composti quali ossidi e silicati, a patto che si trovi ad una pressione atmosferica di almeno 830mila atmosfere, quale quella che si manifesta spontaneamente all’interno del mantello terrestre”.
L’ipotesi è quindi che lo Xenon sia stato ‘imprigionato’ nelle viscere della Terra, “dove potrebbe legarsi in composti solidi semi-stabili, questo spiegherebbe perché la presenza nell’atmosfera sia di un ordine di grandezza circa mille volte inferiore rispetto alla quantità prevista dai modelli chimici presi in considerazione”, prosegue Gatti, avvertendo: “Gli ossidi di Xe però, contrariamente a quanto dimostrato nell’esperimento, risultano instabili a contatto con il ferro metallico del mantello, mentre i silicati dello stesso elemento si decompongono a tutte le pressioni inferiori a 1 milione e 360mila atmosfere, che non sono raggiungibili entro i confini del mantello”.
Lo studio suggerisce quindi una seconda possibilità. “Visto che ora sappiamo che sotto pressione lo Xenon può formare legami chimici forti con gli atomi di ossigeno o silicio”, conclude il ricercatore, “è plausibile che gli atomi di Xenon possano rimanere ‘intrappolati’, come impurità, nei difetti e nei bordi di grano dei minerali e delle rocce del mantello o fungere da ‘tappi’ negli strati di silicati ivi presenti quando gli strati non sono perfettamente sovrapposti”.
V.R.
fonte http://www.chimici.info/Il-paradosso-dello-Xenon-scomparso-verso-la-soluzione_news_x_13590.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter_chimici_46_20_12_2012

DiGiovanna Di Mauro

Porto Torres, modello di sviluppo per la chimica verde

I cantieri di Matrica, l’innovativo polo di chimica verde in corso di realizzazione a Porto Torres, grazie a una joint venture tra Versalis e Novamont, sono stati visitati del ministro dello Sviluppo Corrado Passera e del sottosegretario Claudio De Vincenti.
Il progetto, che darà origine al polo di chimica verde più grande d’Europa e tra i più innovativi al mondo e vede un investimento di circa 500 milioni di euro di risorse private, è reso possibile da un protocollo d’intesa firmato a Palazzo Chigi nel maggio 2011 e rappresenta uno dei più significativi interventi di riconversione industriale di un insediamento petrolchimico in Italia.
Una realtà industriale innovativa che consentirà la produzione di tecnologie d’avanguardia e materiali sostenibili, riassorbendo tutti i 582 lavoratori precedentemente impiegati – e finora garantiti nel reddito dagli ammortizzatori sociali – e creando, una volta a regime, ulteriori 100 posti di lavoro.
Il completamento dei lavori e l’avvio degli impianti sono previsti entro la fine del 2013. Il piano industriale prevede la costruzione di sette impianti entro il 2016 per la produzione di intermedi chimici quali monomeri, additivi per lubrificanti ed elastomeri e polimeri biodegradabili ottenuti a partire da materie prime rinnovabili, come oli vegetali e scarti agricoli.
“Matrica è un’opportunità di sviluppo straordinaria – ha dichiarato il ministro Passera -, un caso d’eccellenza in Italia e in Europa. Il progetto sta sviluppando tecnologie innovative e potrà avere ricadute molto positive sul territorio, sia a monte che a valle della filiera produttiva. La sfida ora è creare attorno al polo chimico nuove realtà imprenditoriali che ne sfruttino le produzioni. In questo senso, potrebbe essere molto utile la nuova normativa sulle start up appena diventata leggeIl territorio di Porto Torres, su questo fronte, può diventare un vero e proprio laboratorio per la nascita di nuove imprese”.
fonte http://www.chimici.info/Chimica-verde-Porto-Torres-come-modello-di-sviluppo-_news_x_13671.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter_chimici_46_20_12_2012

DiGiovanna Di Mauro

Zolfo nei combustibili marittimi, dall’11 dicembre nuovi limiti dalla Ue

Sarà in vigore dal prossimo 11 dicembre 2012 la direttiva 2012/33/Ue di modifica della direttiva 1999/32/Ce sulla riduzione del tenore di zolfo nei combustibili liquidi che fissa il limite massimo di zolfo nei combustibili ad uso marittimo al 3,50%, al fine di ridurre l’inquinamento atmosferico.

La modifica della direttiva 1999/32/Ce recepisce (e rende obbligatorie a livello comunitario) le norme già previste a livello internazionale dall’Imo (International Maritime Organization) sui limiti al tenore di zolfo nei combustibili ad uso marittimo. Le emissioni derivanti da combustibili con alto tenore di zolfo, infatti, contribuiscono all’inquinamento atmosferico con i particolati (Pm10 e Pm2,5) e con il biossido di zolfo, sostanze particolarmente dannose per la salute umana e per l’ambiente.

Per le navi passeggeri battenti qualsiasi bandiera che effettuano servizi di linea il limite massimo è fissato all’1% fino al 31 dicembre 2014 e allo 0,10% a partire dal 1° gennaio 2015 (il limite al momento è l’1,5%).

Per le navi all’ormeggio nei porti dell’Unione, per le quali è già fissato un limite massimo dello 0,10% di zolfo nei combustibili si prevede la possibilità che esse utilizzino l’energia elettrica prodotta a terra al fine di ridurre le emissioni atmosferiche.

La direttiva dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 18 giugno 2014.

documenti di riferimento

Direttiva Parlamento europeo e Consiglio Ue 2012/33/Ue

Tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo – Modifica della direttiva 1999/32/Ce

Direttiva del Consiglio 1999/32/Ce

Combustibili liquidi – Riduzione tenore di Zolfo

fonte http://reteambiente.it/news/17613/zolfo-nei-combustibili-marittimi-dall-11-dicembre/

DiGiovanna Di Mauro

Raee: gli italiani tengono in casa 8 apparecchi obsoleti o non funzionanti

Raee: gli italiani tengono in casa 8 apparecchi obsoleti o non funzionanti

Secondo l’analisi di Ipsos per Ecodom, almeno il 20% degli elettrodomestici posseduti non e’ piu’ utilizzato, ma non e’ riciclato

Di Vincenzo Rossini
Pubblicato sul Canale VARIE il 22 novembre 2012
Sono ancora molto cattive le abitudini degli italiani a proposito della gestione dei vecchi elettrodomestici non funzionanti. Secondo un’analisi quantitativa realizzata da Ipsos e commissionata daEcodom (Consorzio italiano di Recupero e Riciclaggio degli Elettrodomestici), le famiglie italiane tengono in casa, in media, più di 8 apparecchiature elettroniche rotte, vecchie o non più in uso, pari a quasi il 20% del totale degli elettrodomestici posseduti. Spesso si tratta di apparecchi obsoleti (videoregistratori Vhs, monitor a tubo catodico), sostituiti in alcuni casi da macchine di tecnologia più aggiornata, mentre in altri casi sono oggetti che non funzionano più. Tra i risultati ottenuti dalle interviste a circa 3.200 cittadini, meritano una menzione speciale le vecchie “pianole”, ancora presenti nelle cantine o nei solai nel 48% dei casi, ma la gamma di oggetti di cui disfarsi è ampia, e va dai climatizzatori portatili ai boiler elettrici, fino a friggitrici, tostapane, macinacaffè.
La ricerca si inserisce in un’importante azione di sensibilizzazione, nei confronti dei cittadini, sulle corrette modalità di dismissione degli elettrodomestici rotti, “sia per incrementare la raccolta e raggiungere gli obiettivi imposta dalla Nuova Direttiva Europea(85% dei Raee generati o il 65% della media di Apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nei tre anni precedenti), sia per contribuire alla salvaguardia ambientale”, come illustra il Direttore di Ecodom Giorgio Arienti.
Rispetto all’atto della dismissione, la ricerca ha evidenziato che per i grandi elettrodomestici (lavatrici, frigoriferi, lavastoviglie) gli italiani prediligono la grande distribuzione, che per il decreto “uno contro uno” è obbligata a ritirare l’elettrodomestico da buttare in seguito all’acquisto di un’apparecchiatura equivalente. Per i piccoli elettrodomestici, al contrario, si tende a ricorrere alle municipalizzate locali o alle isole ecologiche, canali prediletti anche per gli apparecchi informatici, anche se – precisa l’analisi – il mouse e la tastiera sono gli apparecchi che più di tutti sono dismessi in maniera scorretta.
Se per i grandi elettrodomestici il livello di informazione sulla dismissione è buono, la situazione è più problematica nel caso dei piccoli apparecchi, spesso buttati nell’indifferenziata, senza un buon livello di consapevolezza sui componenti oggetto di possibile riciclo. Non tenendo conto che nelle case italiane è ancora presente “una significativa quantità di elettrodomestici, ad esempio i frigoriferi e i televisori a tubo catodico, che contengono sostanze dannose per l’ambiente e che quindi richiedono un trattamento particolare”.
A tal proposito – conclude il Direttore del consorzio – “sarà fondamentale una collaborazione fra tutti i soggetti che partecipano alla fase di raccolta: gli Enti Locali, cui spetta la realizzazione di nuove isole ecologiche; i Distributori, che possono informare gli acquirenti della possibilità di ritiro gratuito del loro elettrodomestico in seguito all’acquisto di uno nuovo; noi cittadini, che dobbiamo adottare modalità corrette di dismissione dei nostri Raee”.
V.R.
fonte http://www.tecnici.it/Raee-gli-italiani-tengono-in-casa-apparecchi-obsoleti-o-non-funzionanti_news_x_12894.html?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=newsletter_tecnici_43_28_11_2012